SPETTACOLO

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16 Marzo 2019 opastaff
Quella del Cinemobile è una storia straordinaria: negli anni ’30, per proiettare il cinema ovunque, perché il cinema era considerato il medium più importante durante il ventennio fascista, furono attrezzati 30 furgoni con proiettori Victoria V a 35mm, con i quali proiettavano i filmati per retroproiezione su uno schermo, 

ed un impianto sonoro “balilla”, alloggiato all’interno di due vani sul tetto.
Gli impianti furono adattati alla conformazione del furgone.
Con questa attrezzatura si proiettavano documentari e film nei paesi dove non esistevano sale cinematografiche.
Uno di questi esemplari è esposto al MIC (Museo Interattivo del Cinema), presso la Fondazione Cineteca Italiana di Milano. Su questo esemplare, nel 1946, fu apposta la scritta “Presidenza del Consiglio de Ministri”, al posto di quelle fasciste.
Nel 1964 fu abbandonato in uno sfascio ma per fortuna fu ritrovato.
Ora, dopo un restauro, è stato attrezzato con un impianto digitale ed è in funzione al MIC.
Il furgone è un FIAT 618.
Una visita al MIC vale la pena solo per vedere questo esemplare unico.

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9 Aprile 2018 vivianacammalleri

Il cinema e’ una entita’ che tende alla conservazione e questa e’ stata la forza che l’ha reso cosi’ longevo.

Gia’ nel 1909 i maggiori produttori dell’epoca si accordarono per uno standard cinematografico comune a tutte le sale: la pellicola 35mm.
Uno standard che è durato, inalterato, per 105 anni. Superando rivoluzioni tecnologiche quali l’arrivo del sonoro, del colore, del 70mm, e di altri standard minori (16mm, Imax, Cinerama, altri).
Per decenni e decenni è stato superiore alla concorrenza extra-cinematografica: la televisione, il VHS, il DVD, anche il Blue Ray. Poi, infine, per i costi di distribuzione, non per la qualità, nel 2014 si è deciso di soppiantarlo definitivamente con la proiezione in digitale.
Ma il digitale, si sa, è una realtà liquida e multiforme e in pochi anni, nel cinema, si è passati da proiettori 1,3k a 2k e ora si parla di 4k.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza con questi termini.

I primi proiettori digitali erano proiettori HD (high definition) e il termine 1,3k era corrispondente al numero di pixel orizzontali (1280). Nel marzo del 2002 le major americane (WB, Fox, Paramount, Sony, Universal e Disney) si riunirono in un consorzio chiamato DCI (Digital Cinema Initiatives) e, volontariamente definirono uno standard per i film di loro produzione: il 2k. Chiunque avesse voluto proiettare film di loro produzione si sarebbe dovuto dotare si proiettori con 2000 pixel di risoluzione verticale (2048p x 1080p; attenzione a non confonderlo con il Full HD, 1920p x 1080p, che è uno standard dell’home entertainment). Avendo una potenza distributiva egemonica, di fatto DCI impose uno standard mondiale, perché chi riesce a condurre un cinema senza il prodotto americano?

Ora si affaccia all’orizzonte lo standard 4k (4096p x 2160p; mentre l’Ultra HD per l’home video è 3840p x 2160p), non è ancora stato reso obbligatorio da DCI ma nel frattempo è accaduto qualcosa che non era mai accaduto prima, fin dalla prima proiezione dei fratelli Lumière del 28 dicembre 1895: alcuni cinema hanno sostituito la proiezione su uno schermo di tela con uno schermo a LED.

Questa innovazione molto probabilmente, nel giro di pochi anni, cambierà moltissimo la configurazione tecnologica delle sale. Vediamo come.

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Sian Paragon Cineplex a Bangkok

Nel 2017 prima in una sala del circuito Wanda Cinema a Seul, poi a Zurigo, l’Arena Cinema ed infine il Sian Paragon Cineplex a Bangkok, sono stati realizzati i primi cinema con uno schermo LED, prodotto da Samsung.  
Lo schermo, certificato da DCI, è un display MicroLED dotato di HDR (high dynamic range) e risoluzione 4K (4096 x 2160 pixel). Parliamo quindi di una tecnologia capace di emettere autonomamente la luce (non sono LCD retroilluminati).
Al di là dei costi molto alti (è inevitabile nei prototipi), i vantaggi di questa tecnologia potrebbero risiedere nell’alta luminosità (si può arrivare ad una intensità luminosa di 146 foot lambert) ed in una possibilità per ridurre i costi di esercizio (lampade, consumi energetici) dei proiettori digitali. Chi l’ha provato ha dichiarato che l’esperienza nelle proiezioni 3D è notevole.

schermo Samsung – Cinema Led

 

dettaglio dello schermo_fonte DDay


I veri problemi nascono da due fattori: la fissità obbligata della dimensione dello schermo e la modifica della disposizione dell’impianto audio.

Nel primo caso il problema nasce dal fatto che la distanza tra un pixel e l’altro (cosiddetta pitch) che ora è di 2,4mm ed obbliga ad una dimensione fissa dello schermo, i suddetti 10 metri di base.
E’ una grande limitazione questa, perché la proiezione su schermo permette di adattare forma e dimensione secondo la geometria della sala.

Nel secondo caso l’impianto audio deve essere modificato perché nei sistemi a proiezione è posizionato dietro lo schermo, per dare l’illusione della direzionalità dell’audio e perciò della profondità spaziale della scena proiettata. Perciò, per permettere la trasparenza acustica, soprattutto alle frequenze medio-alte, lo schermo che si installa in un cinema è microforato.
Uno schermo LED, inevitabilmente, non può essere microforato.
Per ovviare a questo inconveniente, nella sala coreana, sono stati disposti dei diffusori per le alte frequenze “a rimbalzo”. Invece di diffondere il suono direttamente verso la sala questi sono stati puntati contro lo schermo in modo che da questo rimbalzino verso la sala.

disposizione degli impianti audio in una sala all’estita all’ISE di Amsterdam_fonte DDay

La distonia tra immagine e suono è, tuttavia, ancora evidente. La Samsung, che si avvale della tecnologia della controllata Harman, sta pensando all’utilizzo di un line array di diffusori attorno allo schermo, che avrebbero il vantaggio di avere una copertura più uniforme.

Chi scrive ha ancora grosse perplessità circa la validità di queste soluzioni perché non potrebbero risolvere i problemi a tutte le configurazioni geometriche delle sale: nelle sale piccole, per esempio o in quelle larghe e poco profonde.

In sintesi non è stata ancora scritta l’orazione funebre dei sistemi a proiezione.


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27 Aprile 2017 fedeWMrico0

Il tempo e’ ciclico, secondo Giambattista Vico, ed anche il cinema, o meglio i cinema, non fanno eccezione.
Sparito quasi completamente all’avvento dell’home cinema, il cine-circolo risorge dalle ceneri del suo passato a Milano, via Seneca 6, a pochi passi da Porta Romana (ma già qualche avvisaglia c’è stata in giro per l’Italia, negli ultimi anni).

Il Cinemino , a Milano, è ,quindi, un cine-circolo, aperto da 10 febbraio 2018 (in un ex showroom, anche questo un segno dei tempi!), che nasce per iniziativa di gruppo di amici cinefili.

Il Cinemino – Foto da Prototypo, produttore dei pannelli acustici

Consapevoli di avere creato una “fuoriserie”, i neo-gestori definiscono il loro spazio:

“una piccola sala cinema e un bar: questo è Il Cinemino. Un luogo a metà tra sala di quartiere e hub internazionale, un punto di incontro per tutti coloro che amano la settima arte

ma anche:

un luogo d’incontro e proiezioni selezionate, in uno spazio creativo e accogliente dove incontrarsi e far nascere nuovi progetti”.

 


Questa iniziativa imprenditoriale è un prodotto di un crowdfounding con € 50.000 di plafond. Un modo intelligente di realizzare una sala con costi ridotti grazie agli standard antincendio inferiori, ad un minore investimento sull’allestimento e ad minor costo di proiettore e impianto audio.

Sono loro stessi infatti che descrivono la politica imprenditoriale sul sito: L’offerta de Il Cinemino sarà caratterizzata da quella cinematografica: film italiani, con preferenza per la produzione milanese, titoli in lingua originale con sottotitoli, documentari, cortometraggi, videoclip, VR, audiovisivo fuori formato, sperimentale, ludico e interattivo. In parole povere tutto quel cinema che non si trova nei circuiti tradizionali, proposto secondo una multiprogrammazione indirizzata a pubblici differenti in base alle fasce orarie e ai giorni della settimana. Addio al vecchio titolo unico in cartellone per una o due settimane: i pomeriggi a target bambini e ragazzi lasceranno il posto a serate sempre diverse dedicate a incontri con autori, documentari, rassegne, maratone e cortometraggi.”

Il Cinemino – milanoincontemporanea
Il Cinemino – milanoincontemporanea
Il Cinemino – dalla pagina facebook dei gestori

    

 

 

 

 

 

 

 

 


E’ questo il cinema del futuro? Non proprio. Come dichiarato (sempre nel sito) è un cine-circolo più che un cinema. Questo potrebbe essere UNO DEI cinema del futuro. Un cinema che limitato da una capienza assai limitata, con una componente finanziaria diffusa (il crowdfounding) e con una gestione collettiva, si pone in quella fascia marginale (il cinema off) che dà spazio alla ricerca, ai film in lingua originale e ai movimenti culturali emergenti, anche di quartiere (come loro sottolineano). Non è una iniziativa imprenditoriale che può sostituire il modello imprenditoriale prevalente attuale ma può integrarlo, ridando spazio ad un cinema che non lo ha più da tanti anni.

Proprio per la sua peculiarità, la sua limitatezza tecnica-architettonica (schermo piccolo, forma della sala “a corridoio”) non è una condizione ostativa al suo successo.

Perchè è potenzialmente attraente? Perchè nell’era del cinema on demand, dell’offerta indifferenziata, un gruppo di appassionati, con una propria visione del cinema, può offrire una lettura ed un’offerta critica del cinema che manca sia nella televisione generalista, sia in quella a pagamento e può offrire uno sguardo a produzioni ignorate sia dai grandi circuiti che, spesso, anche dalle principali sale d’essai. La mancanza di spazio per i film nelle sale è il problema dei problemi.

Non ultimo, il successo di questo cinema, può fondarsi sul legame (un approdo fisico di una rete culturale) con le produzioni a basso costo, che sfruttano le tecnologie digitali, in analogia a quanto è accaduto nella musica. Potrebbe essere il punto fisico di confronto con il pubblico per i giovani autori, un cassa di risonanza per questi tra cultori della materia.

Dipenderà dalla capacità dei gestori, qualità che in una sala di 75 posti fa la differenza tra la vita e la morte.